Umiltà by Torralba Roselló Francesc

Umiltà by Torralba Roselló Francesc

autore:Torralba Roselló, Francesc [Torralba Roselló, Francesc]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Qiqajon
pubblicato: 2023-05-29T22:00:00+00:00


FONDAMENTO DEL PERDONO

L’umiltà è il fondamento del perdono. Questa virtù è imprescindibile per attivare la dinamica della riconciliazione. Senza umiltà il perdono diventa impossibile, si blocca nella prima fase. Solo se il carnefice è in grado di chiedere il perdono, e la vittima di concederlo, si produce la riconciliazione, ma perché abbiano luogo entrambi i movimenti, quello di richiesta e quello di donazione, è richiesta l’umiltà come condizione sine qua non. L’umiltà è il lubrificante del perdono, come la fiducia lo è della vita sociale.

Vediamo il primo movimento del perdono. Il carnefice deve prendere coscienza del male che ha causato, delle ferite che ha causato con le sue azioni. Senza questo atto di coscienza, non si dà luogo a nessuna possibile richiesta. Ciò comporta sensibilità ed empatia. Dobbiamo abbandonare mentalmente noi stessi, il nostro recinto egocentrico, per porci nelle circostanze della nostra vittima; dobbiamo interrogarci circa le conseguenze delle nostre azioni, circa gli strascichi che le nostre azioni o omissioni hanno lasciato sugli altri.

Questa uscita da sé stessi è una forma di decentramento che è impossibile quando si è eccessivamente attaccati al proprio “io”: dobbiamo sorvolarlo, conquistare quell’orizzonte che ci colloca nella prospettiva degli altri. Questo movimento non è mai completamente perfetto, perché ogni prospettiva è unica e offre un campo visivo unico: non possiamo collocarci dove si colloca l’altro, semplicemente perché egli è lì e, se prendiamo il suo posto, sarà lui a doversi spostare. Tuttavia il carnefice deve spostarsi da sé stesso all’altro, dalla sua circostanza a quella della sua vittima, e compiere questo movimento quante più volte possibile fino a ricomporre, pezzo per pezzo, la sua immagine di vittima. La consapevolezza del male che ha causato, delle ferite che ha causato con la sua azione, costituisce il primo movimento del perdono.

Il secondo movimento consiste nel riconoscere il male fatto. È qui che entra in gioco la virtù dell’umiltà. Grazie a questa eccellenza del carattere, riconosciamo di aver commesso un fallo, di aver sbagliato, di aver trasgredito la norma, di aver violato i diritti dell’altro. Il riconoscimento della caduta morale, della trasgressione, è l’essenza dell’umiltà. Il carnefice umile si riconosce labile e sperimenta questa labilità nel suo stesso essere; ammette di aver ferito. L’arrogante, invece, nega la sua labilità; nega la sua caduta, nega che ci sia stata una trasgressione. Egli imputa alla vittima la responsabilità della sua azione, lo rende responsabile di questa azione e la giustifica come meccanismo di difesa, come una reazione logica a una provocazione; non riesce a riconoscere che si è lasciato trasportare dall’istinto distruttivo, dalla forza di thánatos, che l’impeto violento è stato più forte della sanità mentale e della ragione.

Dove esiste arroganza, non può esistere una richiesta di perdono. Se non c’è richiesta di perdono, il processo di riconciliazione non ha luogo. La persona arrogante cerca la spiegazione della sua azione nell’ambiente circostante, negli agenti che lo circondano, nella società, nelle influenze esterne, in qualche dipendenza o assuefazione; si svuota di responsabilità per poter conservare così la sua verginità morale e poter guardarsi allo specchio senza provare disgusto.



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